VARZI – In Usa hanno già “copiato” il salame di Varzi. Lo stesso pericolo lo stiamo correndo in Canada, se il Parlamento italiano approverà il trattato di libero scambio. A lanciare l’allarme è Annibale Bigoni, direttore del Consorzio Salame di Varzi.

IN EUROPA SAPPIAMO FARCI MALE DA SOLI

“Come spesso succede, in Europa rischiamo di farci male da soli” questo il commento del direttore del Consorzio del Salame di Varzi Dop, Annibale Bigoni, rispetto al Ceta, il trattato di libero scambio con il Canada che il Parlamento italiano deve decidere se ratificare. Il pavese Salame di Varzi è una di quelle Dop per le quali in Canada non è prevista neppure una tutela di facciata mentre negli USA la denominazione è già stata copiata e brevettata da un’azienda americana che con Varzi non c’entra proprio nulla. “E’ un esempio tipico di come il Made in Italy venga copiato all’estero – aggiunge Bigoni – già abbiamo problemi di questo tipo senza accordi bilaterali, se poi firmiamo anche intese di libero scambio dove si lascia spazio a chi vuole approfittare della situazione sfruttando i nomi dei prodotti originali semplicemente con il trucco di anteporre la formula “stile…” oppure “tipo…” allora vuol dire che non vogliamo molto bene né alle nostre a aziende italiane e neppure a chi ci lavora ogni giorno. Anche per questo siamo al fianco della Coldiretti e di tutti coloro che hanno a cuore la difesa delle nostre produzioni di qualità”. Il Salame di Varzi – spiega il Consorzio – è una delle DOP lombarde più conosciute, viene prodotto in circa mezzo milione di pezzi e venduto nelle migliori gastronomie italiane.

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Ma la storia delle nostre eccellenze alimentari non sarebbe stata la stessa senza l’ingegno dell’uomo che ha saputo nel tempo capire e valorizzare il proprio territorio, prendendone il meglio per trasformarlo in qualcosa di unico.